Articoletto sullo sport che mi ha inviato Filippo molto tempo fa e che purtroppo solo ora riesco a pubblicare.
“Pratica di esercizi fisici allo scopo di sviluppare ed irrobustire il corpo e formare il carattere” è scritto sul dizionario di italiano.
Uno di questi sport che amiamo particolarmente è la “pallacanestro”. Esso è collettivo e pertanto necessita di amalgamare gli sforzi, la tecnica e gli intenti di un gruppo di atleti (cinque) che si
confrontano con altri cinque avversari allo scopo di realizzare il maggior numero di canestri e quindi di vincere il confronto.
Massimo impegno agonistico caratterizzato da lealtà, correttezza, rispetto per avversari e arbitri e quanto altro serve per deliziare se stessi e i propri tifosi.
Anche gli arbitri, necessari come il pallone senza i quali non vi può essere confronto ufficiale, sono degli atleti che si adoperano affinché la gara si svolga secondo le regole che sono proprie del “Basket”. Essi, anche se bravissimi, restano sempre degli individui e, come tali, soggetti a sviste, errori, interpretazioni dei regolamenti, incomprensioni e quanto altro, e quindi oggetto di critiche.
Gli atleti d'altronde, anche loro degli esseri fallaci, oltre allo stress della competizione, ai problemi personali, alle sollecitazioni esterne dovrebbero, uso il condizionale, avere un comportamento consono ai dettami dei regolamenti, della correttezza sportiva, del vivere civile nella consapevolezza che sono sotto osservazione anche da parte di tutto il settore giovanile e quindi essere d’esempio a chi li sta osservando.
L’argomento in trattazione resta pura utopia o quanto meno una chimera.
Chi ha praticato uno sport collettivo è perfettamente a conoscenza degli insulti, improperi, attacchi fisici e psicologici da parte dei contendenti che, consci della propria inferiorità tecnica e avvolte fisica (Davide e Golia), cercano in tutti i modi di far pendere in proprio favore il piatto della bilancia. E’ la legge dello sport: dove non può la forza usare l’astuzia.
Avvolte, e non raramente, non è bello e costruttivo notare che gli allenatori e i dirigenti usino nei confronti degli atleti sollecitazioni e consigli atti a fare commettere ai propri atleti irregolarità e violenza sugli avversari. Le simulazioni sono poi sotto gli occhi di coloro che seguono eventi sportivi.
Non è compreso che, tutto sommato, le competizioni sono un gioco che dovrebbe divertire i protagonisti e chi li sta a guardare; che gli avversari potrebbero essere dei contendenti agonisticamente più bravi di noi; che un comportamento scorretto potrebbe portare a sgradite conseguenze, ecc.
Certi comportamenti potrebbero allontanare tifosi ed atleti dagli stadi e dai campi di gioco in genere e che gli stessi impianti rimarrebbero terreno di scontri fra scalmanati sia in campo che negli spalti.
Perdonatemi, ma questo tipo di sport non mi piace, non mi attrae e non mi interessa.
Mi piace vincere, ma come ho detto in altre occasioni, si può perdere una partita senza perdere la faccia.
Io, che di sport ho vissuto e continuo a vivere, sia come atleta, come “educatore” e come spettatore conosco gli improperi, le scorrettezze, e i sotterfugi messi in atto dai contendenti, conosco anche i tristi incitamenti che gli stessi genitori consigliano ai loro figlioli impegnati in campo contro i loro coetanei contendenti. “Rompigli le gambe! Spaccagli la faccia! Arbitro cornuto! Arbitro imbecille! Ecc. L’unico risultato che si riesce ad ottenere è quello di un comportamento e delle inevitabili ritorsioni (anch’essi deprecabili) messe in atto dai direttori di gara contro la nostra squadra.
Filippo Lo Presti
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